America

San Francisco ha mille anime

Quando arriviamo a San Francisco è sera, la città dall’oblò del nostro aereo sembra una costellazione di stelle. Centinaia di migliaia di puntini luminosi su tutta la baia, che sembra pronta a regalarsi un sonno tranquillo e spegnere le luci.

Un sogno che seguivamo da tempo, di quelli che coltivi negli anni e diventano piano piano più grandi perché le aspettative aumentano: e come sarà il Golden gate bridge? Pare che la strategia Zero Waste di Paul Connett sia fenomenale, come faranno? E i burritos, saranno davvero così buoni e il Tenderloin così pericoloso?

Mesi a far lievitare queste attese e quando arrivi a San Francisco ti trovi subito catapultato in una realtà che fai fatica a comprendere: prima perché hai bisogno giusto di due dollari a testa per fare i biglietti sul bus (no change, maaaaan), poi perché fuori dal vero centro, da downtown, le strade sono enormi e nessuno si sposta a piedi, bici ce ne sono poche, solo auto, enormi salite ripide discese e tu che ti guardi attorno e dici: sto sbagliando qualcosa?

Ma è solo il primo giorno, sia chiaro. E forse siamo noi che da quando è iniziato questo viaggio non abbiamo quasi mai usato una mappa delle città e siamo sempre andati “a naso”, chiedendo alla gente. Ma qui le colline non aiutano i camminatori come noi, quindi l’ideale è un visitor pass da 7 giorni per prendere tutti i mezzi pubblici (mooolto difficile da trovare, attenzione!), muni, bus, cable car.

Ripresi dallo shock iniziale abbiamo iniziato a familiarizzare con la città. Un po’ perché sulla nostra strada abbiamo incontrato persone e famiglie sempre disponibili per un consiglio (grazie Dan, Brook e Zev, siete stati degli ospiti speciali!) e un po’ perché abbiamo imparato a incrociare bene la fitta rete di mezzi pubblici e, unendo i puntini, il quadro ci è sembrato più chiaro: abbiamo respirato aria pura e giocato con anatre e tartarughe al Golden Gate Park, mangiato Bagel a Sunset District e camminato sotto il sole sulla Marina e al Presidio. La gente continuava a dirci “sì è una città compatta, si gira tutta a piedi” ma i piedi dopo un po’ fanno male e se cammini per cinque ore e lungo tutti i moli (sì, c’erano anche i leoni di mare al Pier 39) poi preferisci tornare a casa e rilassarti un po’.

Il secondo giorno siamo stati molto più organizzati: Julie ci ha dato una mappa e io sapevo bene cosa vedere. Castro, Mission District e Valencia Street ci hanno dato un’idea più cosmopolita e vera della città, mentre nel Financial District ci siamo semplicemente persi con il naso all’insù alla ricerca del grattacielo più alto. Al ritorno, prendendo il bus, siamo passati per quello che ci era stato dipinto come “il quartiere da evitare” più di ogni altro: il Tenderloin. Anche se solo dal finestrino dell’autobus che ci portava a casa, possiamo soltanto confermare quello che si dice: nel bel mezzo della città, a qualche chilometro dalle zone più turistiche, tossici e spacciatori, locali malfamati e molti, troppi senzatetto.

La fine della giornata ci ha offerto nuovamente l’anima più sorridente e disponibile della città. Con la famiglia che ci ha ospitato (primo couchsurfing!) abbiamo fatto la pasta per le pizze e anche qui in California hanno potuto assaggiare margherita e marinara della premiata ditta Sansone-Benforte. Abbiamo finito con un dessert da lasciare senza fiato: l’Oceano Pacifico da Fort Funston.

E anche ieri è stata una giornata piena di emozioni ed esperienze: Lombard St, Presidio Park, il Golden Gate Bridge da una prospettiva insolita, la Coit Tower, un pranzo con cucina maya a Mission (che buono!), Chinatown, un passeggiata rilassante dalle parti del Pier 39 per finire con la visita nella pancia di un vero sottomarino in compagnia di una guida d’eccezione che vive in California da quasi sempre.

Oggi è domenica inizia il nostro quarto giorno a San Francisco, e già sappiamo che sarà un giorno diverso dai precedenti: questa città ha mille anime e non finisce mai di stupirti.

 

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